PLENK2010 Riflessione critica

Nell’ultima settimana di corso viene sollecitata una riflessione critica sugli ambienti di apprendimento e/o reti. Eccomi, dunque, qui a ragionare sul percorso di apprendimento al fine di separare il grano dalle erbacce qualora ve ne siano state.

Intendo considerare gli aspetti che ho trovato particolarmente rilevanti, di quelli che invece ho vissuto come problematici riservando spazio all’esplicitazione degli ambiti di applicabilità del PLE e PNK.

La prima osservazione che espongo riguarda un aspetto che col suo manifestarsi ho considerato di buon augurio: dalla decisione di frequentare il master in Metodi e tecnologie per l’e-learning ad oggi il mio percorso di ricerca continua a incrociarsi con gli ambienti di apprendimento personali.

Un ricordo nitido riaffiora alla memoria. Ero impegnata nello studio del modulo 2 relativo a E-learning i cui testi di riferimento erano M. Ranieri (2005), E-learning: modelli e strategie didattiche; A. Calvani (2005), Che cos’è la tecnologia dell’educazione; G. Bonaiuti (2006), E-learning 2.0.

Il mondo della formazione a distanza che avevo sperimentato in tutte le fasi descritte dalla letteratura, di cui ho riferito nelle conclusioni della mia tesi di master,  nell’esercizio della mia professione, in questa fase della mia vita veniva ripercorso attraverso esposizioni teoriche. Grazie all’ultimo testo sopra elencato sono venuta a conoscenza del nuovo concetto (PLE) ed è stata folgorazione: ho intuito che quella soluzione/interpretazione di e-learning era la risposta alle mie esigenze.

Se attraverso a quelle esperienze formative ho acquisito ed evoluto le mie PKM, al termine del master, durante il quale ho avuto modo di sperimentare altre modalità di formazione a distanza con il sistema blended e mosso i primi passi verso la costruzione del mio PLE, ho constatato che la mia vita è cambiata perché io stessa sono cambiata, intravedendo davanti a me prospettive inaspettate in relazione a forme di partecipazione e di espressione.

La decisione di partecipare al PLENK2010 è stato il passo successivo.

Le dieci settimane attraverso cui si è sviluppato il corso sono state foriere di infinite emozioni, sorprese, apprendimenti per i quali provo profonda  gratitudine e che conseguentemente annovero fra gli elementi altamente positivi e costruttivi della proposta formativa canadese.
L’organizzazione del corso unitamente alle proposte e alle attività hanno modificato il mio modo di apprendere. Il cambiamento riguarda soprattutto la profondità del pensiero determinata a mio avviso dal fatto che l’interazione con una molteplicità di persone ugualmente alle prese con gli ambienti personali di apprendimento e di rete mi ha permesso di giungere a  una profondità di campo che non ha luogo abitualmente. Difatti anziché osservare da un unico punto di vista, il mio, ho potuto disporre di molteplici punti di osservazione, quelli degli altri studenti, col risultato rilevante di vedere migliorata la definizione dell’immagine/oggetto indagato.

Ho conosciuto nuove teorie dell’apprendimento sulle quali ritornerò quanto prima al fine di approfondirle, mi riferisco a umanesimo,  gerarchia dei bisogni, apprendimento trasformativo.

Numerosi e interessanti sono stati gli elenchi di tools da utilizzare nella costruzione del proprio ambiente di apprendimento e di rete forniti da alcuni specialisti in particolare; mi riservo di visionarli nel prossimo futuro per poterli conoscere valutare ed  eventualmente segnalare. Mi è rimasta impressa nella mente l’introduzione alle letture e alle attività della settima settimana, nella quale si dice che molti strumenti usati nei PLE/Ns provengono da ambiti che non hanno molto a che fare con l’educazione;  questo non è necessariamente un problema, ma fanno riflettere sul fatto che gli educatori non provvedono alla costruzione di strumenti utili al loro lavoro. Esistono quindi due sfide notevoli per educatori e PLE / Ns..: creare nuovi strumenti rispondenti ai reali bisogni dell’ambiente personale di apprendimento; migliorare l’esperienza dell’utente finale con nuovi strumenti, nuove interfacce  e facilità d’uso.

Concordo con la visione espressa perciò credo sia opportuno scegliere con discernimento quegli strumenti più adatti alle esigenze personali.

Ho avuto la conferma, qualora ne avessi avuto necessità,  del ruolo esercitato dai fattori emotivi non solo nel mio modo di interazione con  gli altri studenti ma anche nelle osservazioni, nelle reazioni e nei  comportamenti di molti altri corsisti. Per quel che mi riguarda  la consapevolezza del deficit di competenza della lingua inglese mi ha creato un senso di inadeguatezza psicologica e un  conseguente senso di sudditanza non facili da gestire.

Sono imputabili alla mia modesta conoscenza della lingua inglese l’esigua  interazione nei forum e la rinuncia, dopo un tentativo frustrante, a partecipare alle sessioni di collaborazione dal vivo. Ritengo tuttavia  che proprio quella limitazione si sia mostrata preziosa alleata nei momenti in cui ero obbligata a selezionare risorse e nodi verso cui convergere la mia attenzione.

A emozioni non ben controllate sono imputabili, a mio avviso, certi interventi effettuati nei forum di discussione (si vedano ad esempio alcuni interventi del 19, 25, 26, 27 settembre) da chi sembrava provare del risentimento verso qualcuno. Ripenso allora alle affermazioni che G. Bateson ebbe a fare «le emozioni sono alla base anche della gerarchia sociale, delle posizioni dei membri in una comunità. Fattori emotivi dunque come fondamento di tutti i rapporti umani». Potrebbe, allora, essere utile suggerire qualche lettura riguardante la comunicazione online (caratteristiche e implicazioni) e la conoscenza della netiquette,  aspetti questi che  attengono alle competenze necessarie per  un learner efficace del 21° secolo.

Riservo alla parte conclusiva la mia valutazione del corso che ha proposto molteplici temi e attività diverse e  che voglio richiamare alla memoria. Dapprima si sono considerati esempi e diagrammi di PLE si sono quindi messi a confronto l’apprendimento personale e l’apprendimento istituzionale; è stata offerta l’ opportunità di capire il prossimo  eXtended Web; sono state proposte le teorie dell’apprendimento; si è affrontato il tema della valutazione e riflettuto sugli elementi necessari per usare con successo il PLE e sugli strumenti PLE e strumenti Ns che esistono e che invece devono essere costruiti; si è riflettuto sugli ambienti di apprendimento personali e di rete e la gestione della conoscenza;  ci si è interrogati sull’applicazione del Ple/Ns in aula; si è riservato spazio e tempo alla messa a fuoco degli aspetti problematici.

L’esperienza, purtroppo conclusa, è per quel che mi riguarda molto positiva perché, ricorrendo alla metafora del giardiniere, mi ha permesso di concimare la mia terra, di conoscere nuovi semi; ha rinvigorito la mia voglia di procedere all’impollinazione con la creazione di nuovi contenuti, collegamenti e collaborazioni; mi ha confermato sulla necessità di garantire le sementi prestando attenzione e  cura alla reputazione e alle tracce che lascio in rete.



mappa dei partecipanti

nwe post #PLENK2010 Personal Knowledge Management (PKM)

Attingo ancora una volta dalla mia tesi di master per realizzare il mio contributo al tema.

Se per comprendere il concetto di Personal Knowledge Management (PKM) è opportuno indicarne dapprima le origini e il significato rendendone noti, successivamente, i massimi autori che di pkm si sono occupati, indispensabile diventa parlare dei pionieri italiani del pkm esponendo i loro contributi al dibattito. Nell’attuazione del piano/proposito ci si avvale della tesi di dottorato di ricerca Personal Knowledge Management per imparare ad apprendere: un modello di competenze e strategie formative per vivere la conoscenza in di E. Cigognini (2008) che mappa in modo esaustivo il know-how nel settore.

L’origine del Personal Knowledge Management è attribuibile a Frand e Hixon, l’acronimo PKM significa gestione della conoscenza personale. Per il resoconto sugli autori si ricorre alla seguente linea del tempo che evidenzia come la prospettiva del PKM dalla sua origine abbia progressivamente attirato l’attenzione dei ricercatori, raggiungendo l’apice negli anni 2007 – 2008.

Letteratura sul PKM (source: wikipedia, 2010).

Inizialmente è stato progettato per gli studenti dell’UCLA MBA, successivamente è stato introdotto per i manager aziendali, è generalizzabile a chiunque in qualsiasi campo (Frand e Hixon, 1999).

Si fa uso delle espressioni della Cigognini (2009) per far luce su « il concetto di Personal Knowledge Management (PKM) si radica in un quadro compresso in cui istanze individuali (sviluppo delle competenze personali) convergono con aspetti tecnologici e dimensioni sociali dei processi in .» […] È «un asset strategico (Frand, 2000) per i professionisti, learner e knower della società della conoscenza (Sorrentino & Paganelli, 2006) in cui le interazioni digitali e in presenza sono inevitabilmente sempre più intrecciate.» (p.116). «Il concetto di PKM, Personal Knowledge Management, è una cornice teorica per circoscrivere l’area della conoscenza personale, quel set di conoscenze proprie di un soggetto» (Cigognini, 2008). Per gestire la personale conoscenza ci si avvale di particolari competenze e di strumenti e ambienti tecnologici; al fine di facilitare la condivisione delle conoscenze personali e di gestione dei contenuti sono utilizzati le mappe concettuali oltre che le tecnologie del web 2.0.

Lo studio sul PKM è stato introdotto in Italia nel 2007 con un articolo di Pettenati, Cigognini e Sorrentino rispetto allo sviluppo delle competenze per sostenere la conoscenza personale. Il processo di acquisizione e di sviluppo delle competenze è un’attività complessa e impegnativa che può essere sostenuta con azioni formative sia in area accademica che in altri contesti aziendali.

Affinché il processo di sviluppo delle proprie competenze di PKM si realizzi, sono necessarie diverse condizioni abilitanti: è necessario che il soggetto interessato si assuma le responsabilità personali; solo se il soggetto si rivela fortemente motivato interiormente è possibile intraprendere con successo il processo di acquisizione delle competenze, e quindi essere in grado di gestire proficuamente la propria conoscenza personale.

L’acquisizione e la gestione della conoscenza personale difatti sono processi che richiedono da parte del soggetto coinvolto dispendio di tempo ed energia. Per sostenere il processo di acquisizione di tali competenze, le ricercatrici italiane, Pettenati e Cigognini, hanno elaborato un modello teorico per i learners della Società della Conoscenza, suddiviso in abilità di base e di ordine superiore (che sarà presentato nel capitolo 4); il modello è corredato da una parte formativa, un set di moduli didattici prototipo per sviluppare le competenze di base e di ordine superiore, e delle linee guida, strategie formative ed e-tivity per lo sviluppo delle competenze di PKM.

Per la realizzazione del grafico si è fatto ricorso a Wittwer, J.W., “Come creare una linea temporale in Excel“Da Vertex42.com, 2 settembre 2005, http://www.vertex42.com/ExcelArticles/create-a-timeline.html

#PLENK2010 Teorie dell’apprendimento

Mi ritrovo a riflettere sulle teorie dell’apprendimento in ritardo rispetto alla tabella di marcia del corso PLEKN2010 avendo bisogno di tempo per poter sedimentare le varie proposte. Il materiale segnalato è vario e copioso, indice questo che si è di fronte a un tema quanto mai indagato, dibattuto e complesso perché variegati e articolati sono i punti di vista, gli angoli di visuale da cui può essere considerato.

Volendo procedere in modo ordinato credo sia necessario chiarire che cosa si intenda per teoria e cosa significhi modello e successivamente formulare domande che interessano la natura della conoscenza, dell’essere, dell’esistenza e della realtà in generale e quelle che riguardano i valori. Potrebbe essere utile avere un quadro di sintesi delle teorie che sono molto numerose e tutte presentano aspetti di rilievo. Chi scrive, per esempio, ha più volte avvertito nel corso degli anni del suo insegnamento, l’esigenza di avere una visione ordinata d’insieme delle teorie che stanno alla base dei modelli d’istruzione conosciuti e spesso usati a scuola con una certa inconsapevolezza.

Le definizioni sopra indicate e una visione di sintesi delle teorie dell’apprendimento sono reperibili qui e qui, di seguito  io mi soffermerò sul costruttivismo sociale teoria sulla quale ho riflettuto maggiormente.

In riferimento alla dimensione temporale il costruttivismo sociale si colloca negli anni novanta, essendo preceduto dal cognitivismo negli anni ottanta e dal comportamentismo negli anni cinquanta. Insieme i tre sistemi concettuali sintetizzano cinquant’anni di storia della tecnologia dell’educazione, nel corso della quale si sono registrati cambiamenti che hanno riguardato la progettazione tecnologico-didattica e il concetto d’ambiente didattico (Calvani, 1998).

«I concetti principali che caratterizzano l’attuale costruttivismo possono essere ricondotti a tre: la conoscenza è prodotto di una costruzione attiva del soggetto, ha carattere “situato”, ancorato nel contesto concreto, si svolge attraverso particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale (Jonassen, 1994).

In primo piano viene posta la “costruzione del significato” sottolineando il carattere attivo, polisemico, non predeterminabile di tale attività (Calvani, 2007). La conoscenza è un prodotto di negoziazione sociale, il risultato dell’interazione con gli altri, con la cultura che ci circonda. La conoscenza è dunque distribuita: non si crea soltanto all’interno della mente individuale, ma è debitrice dell’esterno, di risorse che possono essere nell’ambiente prossimo come di quello remoto.

Il costruttivismo sociale afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo d’apprendimento. Questa prospettiva accoglie elementi della riflessione di J. Piaget che aveva incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali e trascurando l’aspetto sociale ed interpersonale. Il costruttivismo sociale, invece, considera l’apprendimento come un processo di costruzione di significati negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono esternamente allo studente.

Tra i teorici che hanno contribuito significativamente al costruttivismo sociale, evidenziando gli aspetti cooperativi e collaborativi nel processo d’insegnamento/ apprendimento, va indubbiamente annoverato, come descritto in Ranieri (2005), Vygotskij, le cui osservazioni hanno avuto il merito di sottolineare la natura intrinsecamente sociale, interpersonale dell’apprendimento, mentre i suoi studi si sono concentrati sulla relazione tra pensiero e linguaggio. In relazione alle tecnologie per l’istruzione sono i personal media e le tecnologie di rete che si coniugano meglio al costruttivismo. Mentre i primi favoriscono modelli centrati sull’elaborazione attiva del soggetto e il concetto di medium diventa un utensile, uno strumento, un amplificatore cognitivo, l’avvento delle tecnologie di rete favorisce modelli didattici centrati sulla costruzione collaborativa della conoscenza e la tecnologia è vista come amplificatore della capacità comunicativa, diviene utensile collaborativo (Calvani 2007). Dal punto di vista delle tecnologie dell’istruzione il costruttivismo ha introdotto nuovi concetti quali: ambiente d’apprendimento, learning circe, e- learning, CSCW[1] (Computer Supported Cooperative Work).

Nella predisposizione di modelli di progettazione si dà spazio alla dimensione ricorsiva, al coinvolgimento dell’utente, all’allestimento di un primo prototipo che poi è implementato e discusso, seguito da una nuova formulazione. Si parla d’ambiente d’apprendimento sottolineando in tal modo il ruolo attivo dell’allievo; si dà importanza alla collaborazione tra allievi, alla possibilità di creare sinergie; l’insegnante diventato facilitatore, colui che aiuta a definire gli obiettivi a mettere in sinergia risorse; il rapporto più importante nell’ambiente d’apprendimento è quello tra allievo e scaffolding, risorse esterne che possono essere depositate sia in ambiente remoto sia nell’ambiente circostante (Calvani1998).

La disamina del costruttivismo richiede, infine, la messa in luce degli aspetti di maggiore rilevanza ed applicabilità; vanno inoltre individuati gli elementi di criticità oltre che l’esplicitazione dei contesti in cui appare meglio applicabile questa cornice teorica. In relazione ai primi si sottolinea che il punto di vista costruttivista, in ambito tecnologico, si rivela di particolare efficacia per la sua molteplicità interpretativa che consente un ripensamento del soggetto che apprende quale progettista, pensatore meta-riflessivo e membro di una comunità, concorrendo allo sviluppo d’itinerari formativi orientati alla concretezza degli apprendimenti e supportati da una visione integrata della costruzione degli ambienti d’apprendimento. Nell’ottica costruttivista si assiste al «recupero» del ruolo docente: la sua funzione viene ad essere sollecitata dalle necessità strutturali dell’e-learning al disegno di itinerari cognitivi «pensati» come ambienti di formazione che consentano l’espressione critica, autonoma e responsabile dei soggetti che apprendono e, al contempo, valorizzino le potenzialità culturali e progettuali dei formatori (Santoianni, 2005). Tra gli aspetti non marginali di possibile debolezza sono da annoverare la dispersività e la possibile diversificazione eccessiva nei risultati tra i fruitori del processo (Calvani, 2004). Oltre a questo altre problematiche sono legate alla natura del materiale disponibile in rete, spesso irrilevante o inaffidabile, che espone gli utenti della a sovraccarico cognitivo (Mayer, 2001; Calvani, 2007), disorientamento, accumulo d’informazioni. Va inoltre tenuto conto del fatto che il costruttivismo presuppone una natura umana benevola, che sarebbe naturalmente ben disposta a costruire significati, negoziare, condividere, collaborare ecc; in realtà spesso la mente umana è indolente, radicata sui propri schemi, ostile al mutamento, più egocentrica che collaborativa ecc. In relazione ai contesti in cui l’approccio costruttivista appare meglio applicabile ci si riferisce ai contesti scolastici e agli ambienti di formazione professionale, universitaria e adulta (Calvani, 2007).

Uno dei modelli più stimolanti dal punto di vista dell’Instructional Design è il costruttivismo. Al di là della sua effettiva portata rivoluzionaria all’interno del contesto della tecnologia dell’educazione, la sua capacità d’innovare ed alterare i rapporti tra i modelli didattici e cognitivi preesistenti e le nuove tecnologie lo rende un elemento di massimo interesse.

[1] G. Bonaiuti così si esprime «si parla di CSCW per indicare un insieme di sviluppi tecnologici ed organizzativi volti a trasformare le relazioni e le modalità lavorative» Ambienti tecnologici per la collaborazione online