#etmooc #ltis13 Mappa: trasparenza e Open Data

tasparenza

Ecco la penultima mappa delle lezioni sul cyberspazio dedicata a  Trasparenza-Open Data.

Non avendo provveduto a suo tempo a scaricare il podcast della trasmissione, e ora non più disponibile, nell’ elaborare la mappa ho utilizzato gli appunti presi durante l’ascolto della puntata e alcune risorse reperite in rete che, in parte, rimandano agli esperti interpellati nel corso della trasmissione.

#ETMOOC Cittadinanza digitale e attivismo sociale

Esamino l’ultimo argomento di #ETMOOC: Topic #5: Digital Citizenship – Identity, Footprint, & Social Activism,  focalizzandomi, in questa fase, sulla cittadinanza digitale, presentando una mappa realizzata con Visual Understanding Environment (VUE), un progetto Open Source basato presso la Tufts University e successivamente un grafico sulle petizioni online create in Italia.

Sono spinta verso questa direzione da un duplice obiettivo: a) ottenere una visione generale dell’argomento, b) esercitarmi nell’uso del software VUE.

cittadinanza

per ingrandire la mappa cliccare qui ==>  cittadinanza_digitale

Procedo consultando su twitter l’hashtag #socialactivism; trovo significativa l’infografica proposta «Giovani adulti: il futuro dell’attivismo sociale».

Breve interpretazione d’insieme. I social media hanno avuto sulla nostra società e sul mondo un impatto profondo portando le persone a pensare a come possono influenzare le questioni sociali. La condivisione non solo coinvolge la famiglia e gli amici, l’attività spinge a sostenere i problemi che stanno a cuore.

activism

 

Spinta dalla curiosità mi attivo per conoscere i problemi che spingono gli Italiani a creare petizioni online; scopro così che «Activism – Petizioni Online, è il primo e più importante spazio per ospitare la tua petizione in Italia.»

Osservo che la petizione del giorno ha come protagonista il ministro della difesa Di Paola per l’incresciosa vicenda legata ai Marò, Italia e India

petizione attivismo

Pur condividendo l’indignazione non sottoscrivo la petizione.

Realizzo invece un grafico utilizzando, allo scopo, l’elenco delle categorie e il numero di petizioni:

 

petizioni

Politica e Governo, seguiti da Giustizia, diritti e ordine pubblico sono i maggior problemi che angustiano gli Italiani.

 

Sì, anche in questo caso mi trovo d’accordo. Sono un’ italiana angustiata.

 

 

# Una fotografia al giorno, 2013

Che cosa è? È un nuovo progetto per il 2013 concepito, per imitazione, dalla lettura di un post su Facebook, datato 19 dicembre u.s. con cui Downes condivideva l’idea di iniziare il proposito – una foto ogni giorno anche per il 2013 – e di aggregare le foto caricate dalle persone che decidono di partecipare. Attraverso il mio Reader ho scoperto che anche Gráinne Conole ha avviato un progetto analogo aderendo al gruppo Flickr creato da Ricardo Torres Kompen. In un breve lasso di tempo ho potuto appurare che il gruppo, a cui mi sono iscritta, si stava rapidamente irrobustendo.
Sono proprio contenta.
Perché è significativo per me? Mi entusiasma l’idea di avere un proposito su cui focalizzarmi. Mi stimola a osservare la realtà che mi circonda con occhio più attento, partecipe e selettivo, volendola catturare e poi condividere. Sì, anche la condivisione è per me importante; se considero, inoltre, che non ci sono ostacoli di lingua allora la partecipazione ad un progetto comune è ancora più irresitibile.
Conservo ancora foto e diapositive scattate più di trent’anni fa, ritraggono per lo più foto di paesaggi, di fiori, di viaggi, meno frequentemente persone. Raramente le riprendo in mano per riesaminarle e descrivere le circostanze nelle quali sono state realizzate: è troppo macchinoso e dispendioso in termini di energie recuperare il materiale,  far funzionare il proiettore e tutto l’ambaradan.
Due estati fa mi ero riproposta di scansionare le foto di famiglia di cui io sono la depositaria, ma dopo un lungo lavoro, avendo cambiato computer, ho dovuto abbandonare l’idea essendomi trovata col problema dell’incompatibilità tra software. Quelle foto scansionate ora sono conservate nella memoria del pc che saggiamente non ho scartato, in attesa di una soluzione. Chissà che prima o poi non riesca a trovare qualcuno che mi possa indicare la strada da percorrere per riappropriarmi di quelle immagini già digitalizzate.

#OT12 Guardando indietro

In questo post mi propongo di riflettere sulla mia partecipazione a OT12, un Mooc sulla Traduzione aperta, strumenti e pratiche, rivolto a traduttori e insegnanti di lingue (principalmente inglese e spagnolo). Propongo dunque l’espressione del  punto di vista di chi non rientra né nella prima categoria né nella seconda, ma quello di una persona curiosa di natura, alla ricerca di «occasioni di immersione e contaminazione linguistica nella speranza che almeno le resistenze psicologiche si allentino grazie a un contatto prolungato con la lingua che studio» (primo post OT12).

Operando un’indagine retrospettiva la prima osservazione che mi preme fare riguarda il senso di profonda gratitudine che nutro nei riguardi dei promotori di OT che, grazie all’apertura, hanno reso possibile l’accesso al corso anche a me che non sono esperta di lingua inglese, ma solo una studentessa. Individuo quindi nell’apertura il punto di forza per me più significativo.

Non ho preso parte alle attività di traduzioni / sottotitolazioni in Amara né di traduzione in Transifex (e qui), tuttavia l’arricchimento personale è una conseguenza dell’essere venuta a conoscenza di queste affascinanti e importanti realtà. Ho provato intima soddisfazione nel momento in cui  idee, fatti, concetti dapprima conosciuti come isolati sono risultati visibili nelle relazioni esistenti fra loro, perché presentati in un quadro d’insieme.  Mi riferisco alle pratiche di traduzione aperte che contano su crowdsourcing e sono utilizzate per tradurre le risorse aperte come le conferenze TED ( raccomando «Perché traduco») e gli articoli di Wikipedia (progetto traduzioni) e progetti di blogging globale e citizen media come ad esempio Global Voices (progetto Global Voices lingua).  Conosciuti e frequentemente da me usati sono gli strumenti di traduzione di Google e i dizionari online come Wordreference.

Inaspettato ma certamente molto apprezzato è stato l’incontro con FLOSS manual Open Translation Tools, usato come libro di riferimento del corso ma da ora anche manuale di riferimento  di una lifelong learner.

Sono certa che l’esperienza pregressa derivata dalla partecipazione a numerosi MOOCs connettivisti (PLENK2010, CCK11, Change11…) mi sia stata d’aiuto e abbia sostenuto la mia motivazione.

Trovo singolare la sincronicità riscontrata tra la conclusione di Open Transation12 e l’evento che stamattina mi ha indotto a scrivere il post Un ossimoro. La forma composta «Go away», che da il titolo all’articolo a cui il mio post si riferise (unitamente all’immagine), trasmette un messaggio che si presta a interpretazioni che possono divergere anche in virtù di differenze culturali.

A tale proposito mi piacerebbe sentire il parere di un traduttore.

 

#mobimooc2012, Sulla condivisione degli strumenti mobili e sul curriculum mlearning

Desidero prendere in esame due fra i temi discussi nei forum del corso, perché più rispondenti ai miei attuali bisogni formativi:

  • condivisione dei personali strumenti mobili preferiti relativi all’apprendimento
  • perché un curriculum mobile learning.

Noto che i due argomenti sono in relazione fra loro per alcune ragioni che indico e visualizzo.

Gli strumenti mobili rappresentano soluzioni a bisogni formativi specifici;  considerata la loro varietà, richiedono l’acquisizione di cognizioni sull’argomento al fine di operare scelte conformi alle necessità. Evidenziano, inoltre, come sia essenziale l’ appropriazione di un lessico specifico anche in considerazione della continua comparsa di nuove parole, di frasi e abbreviazioni della tecnologia.

La lettura degli interventi dei colleghi ha permesso di orientare la mia attenzione, focalizzare meglio le articolazioni dei due problemi esaminati e ha suggerito riflessioni sugli effetti della condivisione sul piano dell’apprendimento.

Allineando il mio comportamento alle richieste esplicitate nei forum, richiamo alla memoria gli strumenti mobili che ho usato per l’apprendimento ma che ora, pur essendo a portata di mano, utilizzo rararmente, si tratta di un Nokia 7210 col quale mi sono divertita a scattare fotografie e  l’iPod con cui ho ascoltato musica e English Podcast. Ora sono alle prese con un HTC sensation 4G, causa prima della mia partecipazione al corso, come ho esplicitato qui.

Per poter meglio conoscere il mio cellulare e sfruttare appieno la guida all’uso incorporata nel mio HTC Sensation; sperimentare le caratteristiche e le funzioni ancora non praticate e, infine, per individuare applicazioni, rivolgendo un’attenzione particolare per quelle che sostengono l’apprendimento della lingua inglese, ho realizzato dapprima una tabella a tripla entrata, i cui indicatori sono a) caratteristiche b) descrizione c) definizione; ho provveduto quindi a cercare significati e ad inserire definizioni facendo ricorso ad alcune risorse

 * telefonino.net il sito italiano d’informazione sulla telefonia

* pianeta cellulare una rivista a carattere informativo, tecnico e scientifico

* Webopedia  dizionario

Attraverso le ricerche relative al p.3,  ho visto confermata la convinzione che siano necessarie

  • l’assunzione di un atteggiamento critico,
  • l’acquisizione di competenze, come ho evidenziato in un precedente post , che permettano (anche) la prevenzione della bulimia di applicazioni.

Concludo ripensando agli effetti che ha avuto su di me la temporanea impossibilità di accedere al forum di discussione, mi riferisco alla

  • comparsa di emozioni spiacevoli quali ansia, sgomento, mortificazione, senso di inadeguatezza;
  • ricerca di soluzioni alternative;
  • modifica della mia modalità di partecipazione nello spazio di #mobimooc12 google groups;
  • focalizzazione su quello che nel tempo dell’attesa mi era possibile fare.

Riconosco inoltre che  proprio grazie a quell’iniziale impasse devo l’ incremento della comprensione dell’affermazione di McLuhan  secondo cui l’oggetto di studio dovrebbe essere il mezzo non il contenuto veicolato.

Punti di vista a confronto

Con questo post mi propongo di rispondere alla domanda formulata da John Mak nella sua pagina Facebook (30 agosto 2012):

Learning and research works best by immersion and action in the community, apart from theorizing. That’s why community discourse, learning (sharing, conversation) is essential. What’s your view?

A tale fine prenderò in esame la discussione iniziata da Altamirano sulla pagina del gruppo Connectivismeducationlearning creato dallo stesso Mak e ne mostrerò gli effetti in relazione all’apprendimento.

Nel suo intervento Edgar Altamirano riprende il titolo di un articolo di Lisa M Lane, The price of participating in Wikipedia, e ne segnala il link .

Per completezza d’informazione fornisco di seguito una breve interpretazione d’insieme dell’articolo, datato 6 agosto 2012. In esso Lisa parla delle circostanze che l’hanno condotta a consultare la voce MOOC su Wikipedia, versione inglese e il turbamento che ha riportato in seguito alla lettura della nota (del luglio2012) che precede l’articolo stesso. Riferisce al contempo la genesi dell’articolo di cui è stata la compilatrice.

Come il post di Lisa è stato commentato con espressioni di pubblica solidarietà, anche la segnalazione di Altamirano ha trovato un seguito di commenti fra i quali il mio in cui ho segnalato di aver espresso nel mio post del 7 luglio u.s.le perplessità sulle osservazione formulate nei confronti dell’articolo su Wikipedia.

Sono stata attratta dalla risposta di Lisa al commento di John dalla quale ho compreso che Dave Cormier ha modificato l’articolo su Wikipedia.  La variazione ha comportato la cancellazione della nota introduttiva, conseguentemente qualsiasi link, compreso il mio,  ha perso la sua ragione d’essere. Fortunatamente lo screenshot della nota critica che Lisa M Lane ha inserito nel suo articolo per documentare la causa del suo turbamento, fornisce un riscontro della validità del  link da me segnalato. Sarà mia cura provvedere all’aggiornamento di quel post quanto prima.

Quali insegnamenti si possono ricavare dal fatto narrato? Molti, probabilmente tanti quanti sono gli attori coinvolti.

Quali questioni ha sollevato? Una fra le molte: come fare a recuperare una pagina non più esistente perché cancellata? Quali sono le possibili soluzioni? Forse che il ricorso al permalink può costituire una soluzione? Non mi risulta.

È possibile che certe modifiche riscontrate in alcuni post e riconoscibili dalle parole/frasi barrate (es.parole barrate) rappresentino una risposta?  E il ricorso all’espressione «articolo modificato» per quanto corretto è da ritenersi risolutivo?

Sono del parere che il problema sollevato riguardi le competenze digitali e nello specifico sia riconducibile  alla dimensione etica che si riferisce alle «conoscenze relative ai comportamenti, più o meno opportuni, richiesti dal mondo delle tecnologie e della rete».

 

 

#change11 – Un album di figurine

Accolgo l’invito che Bonnie  Stewart ha lanciato su Facebook, gruppo change11, di partecipare alla conversazione sull’identità digitale, ma avendo in altri momenti dedicato energie e tempo a ragionare sul tema in questione come ho avuto modo di dire in più occasioni, per esempio qui e qui, decido che il focus principale della riflessione odierna riguarderà l’identità che esprimo su Facebook.

Ultimata, poi, la lettura dell’invito più sopra indicato, la prima operazione che ho compiuto è stata quella di inoltrare la richiesta di amicizia alla facilitatrice; in un breve lasso di tempo sono stata informata che la richiesta era stata accolta. Raggiunto il gruppo change11, ho avuto modo di notare la panoramica delle foto di alcuni membri del gruppo:

e immediatamente l’ho associata

  • agli album di figurine sugli animali, il giro del mondo in 180 figurine, che ho appena completato per i miei nipotini e

Quelle che potrebbero essere scambiate per analogie forzate evidenziano invece rapporti di somiglianza che poggiano sulla componente emozionale il cui ruolo su Facebook è tutt’altro che irrilevante. Nel primo caso (figurine dei calciatori) l’immagine evoca un ricordo; nel secondo (album di animali) le immagini dei profili fanno pensare per esempio alla diversa distribuzione geografica dei singoli amici;  nel terzo caso (album di famiglia), l’immagine richiama l’appartenenza a un gruppo specifico: change11.

Ho esposto i motivi che mi hanno spinto a creare il mio profilo su Facebook in CCK11 ambienti di apprendimento personali e reti mentre ho parlato del capitale sociale delle relazioni in CCK11eremiti elettronici iperconnessi.

Esplorando le azioni che normalmente compio su Facebook posso dire che sono guidate da cautela e discernimento, atteggiamenti questi maturati attraverso esperienze talvolta piacevolmente formative talaltra scioccanti, come ho avuto modo di narrare qui e qui; sono azioni volte a soddisfare esigenze molteplici: socializzazione, comunicazione, formazione continua, espressione di partecipazione nella società globalizzata.

Aiutandomi con una mappa ho visualizzato le componenti che esprimono la mia identità su Facebook:

  • foto (bacheca, immagini profilo, foto e video in cui compaio)
  • tipologie degli amici in relazione alle fasi della vita
  • gruppi di appartenenza

Concludo riconoscendo che la ricognizione testé operata mi ha permesso di far riemergere i vantaggi che la frequentazione di questa rete sociale può presentare come la condivisione di risorse e conoscenze; l’ispirazione di idee, narrazioni, ricordi.

#change11 – Sugli studiosi

L’argomento della 33 esima settimana change11, (34 secondo MOOC schedule) riguarda la partecipazione e le pratiche online degli studiosi, termine che, precisa il facilitatore George Veletsianos,  in questo caso si riferisce a persone

che svolgono l’insegnamento e la ricerca in contesti di istruzione superiore (ad esempio, gli istruttori, professori, MA / dottorandi, ecc.).

Nell’analizzare l’argomento espone i risultati della sua ricerca che ha condotto sul tema, invita a riflettere sull’esperienza personale e  a riconsiderare i temi trattati nelle settimane precedenti per riscontrarne eventuali approfondimenti  della comprensione.

Accogliendo la sollecitazione è mia intenzione ora considerare tre diversi elementi:

  • esperienza personale a proposito di Delicious
  • identità digitale
  • visualizzazione tramite mappa concettuale delle connessioni individuate fra i vari temi affrontati.

G. Veletsianos dice che Del.icio.us è stato descritto come un luogo dove “i collegamenti vanno a morire.” in merito incoraggia l’espressione di un’opinione. Per archiviare, ricercare e consultare gli indirizzi dei siti visitati nel tempo sono passata dai Preferiti di Internet Explorer ai segnalibri di Mozilla Firefox all’uso di Delicious non appena ne ho sentito parlare in occasione di una lezione in presenza (master). Ad attrarmi era la possibilità della condivisione. Quando il sito di social bookmarking fu venduto da Yahoo ad AVOS System ho smesso di usarlo passando a Diigo, successivamente l’ho ripreso, ma i cambiamenti apportati dalla nuova proprietà ancora mi disorientano e le analogie con evri.com, ex Twine che peraltro avevo apprezzato, mi lasciano insoddisfatta. Il progressivo sviluppo delle reti sociali e delle comunità virtuali hanno determinano un crescente incremento della condivisione di risorse, di collegamenti a siti, contenuti testuali, immagini, video e audio. Non è da escludere che fra le possibili cause dell’affermazione di partenza sia ascrivibile proprio al mutato comportamento degli utenti.

La mia tesi di master che «si occupa dell’identità digitale dei soggetti che operano, lavorano, imparano con e attraverso la rete: i lifelong learners», nel riconsiderarla mi è di conforto la saggezza della scelta operata perché ha facilitato la mia consapevolezza in fatto di complessità che l’essere in rete comporta. Conseguenza diretta di quella ricerca è stata l’apertura del blog su cui scrivo di apprendimento / insegnamento online; una pagina, intitolata Serena 2.0 riporta i collegamenti ai principali siti in cui si manifesta la mia identità digitale: Facebook, Flickr, aNobii, Delicious, Diigo, Twitter.

mappa

L’ascolto della Registrazione Elluminate unitamente alla lettura del testo della chat, suggeriscono una riflessione che riguarda la definizione  di studioso

Downes (19,12) Sono diventato uno studioso con la partecipazione alle reti sociali online, prima del web ero uno studioso in modo completamente diverso.

Keith Hamon (19,13) Penso che tutti noi siamo diventati studiosi partecipando alle reti, online e off.

Lisa M Lane (19.13)  Sì, i nostri metodi e i desideri sono cambiati, il nostro flusso di lavoro è cambiato

Verena Roberts (19,14) È necessario essere con l’Università e digitali per  essere uno studioso?

Downes (19,14) Il modo migliore per farlo: l’atto di diventare uno studioso è (ora / in futuro) lo stesso atto di * creare * una rete sociale online.

Verena Roberts (19,15)  Quindi … uno studioso è un partecipante digitale?

Lisa M Lane (19,21) La maggior parte degli studiosi ancora non sono online

[ …]

Le caratteristiche degli studiosi sembrano essere legate alla natura soft o hard delle tecnologie ed esprimere preferenze / valori personali; le loro pratiche risultano trasformate dalle tecnologie.

 

# change11 – Parlando di ledearship

Non nascondo di aver faticato un po’ prima di riuscire a mettere a fuoco l’angolatura da cui osservare  il tema della leadership, argomento questo proposto all’attenzione dei corsisti di #change11 nella 30 (?) esima settimana.

Sono riuscita nell’intento solo dopo aver visionato e letto gran parte delle abbondanti risorse segnalate dalla facilitatrice  Marti Cleveland-Innes e solo dopo aver stabilito una relazione tra mito,parola in voga in #change11 nelle ultime settimane, e leadership. Ho quindi considerando i due termini  legandoli mediante preposizione ottenendo la formulazione seguente: il mito della leadership.  Si tratta di un’espressione che evoca l’immagine di una persona, una sorta di supereroe, dotata di particolari qualità che la rendono speciale e provvista di abilità straordinarie rispetto a quelle degli esseri umani normali.

L’escamotage si è rivelato utile sotto due punti di vista, da una parte mi ha permesso di contattare l’emozione negativa, l’insofferenza che provo nei confronti del/la Potere /classe dirigente che ha mostrato con una certa frequenza il volto dell’ egoista  di chi, cioè, persegue solo il proprio benessere, il proprio vantaggio senza curarsi degli altri; dall’altra mi ha aiutato a  portare alla luce la mia idea in fatto di leadership.

Le domande formulate dalla Marti Cleveland-Innes nella sua presentazione mi hanno facilitano nel processo che mira a evidenziare gli aspetti focali della questione,

  • chi ha bisogno di leadership?
  •  perché parlare di leadership?
  •  come viene definita la leadership?

su cui mi propongo di riflettere circoscrivendo l’analisi a quei orsi connettivisti di cui ho diretta esperienza.

Nel primo corso a cui ho aderito, PLENK 10, la leadership era incarnata da quattro persone, Downes, Siemens, Rita Kop, Cormier (?), mentre in CCK11 da due: Downes e Siemens. In change11 i leaders sono esperti in settori e campi specifici, sono orientati alla condivisione delle risorse e non  sembrano eccessivamente preoccupati di far conoscere il frutto del loro ingegno prima che esso abbia trovato esplicitazione in qualche pubblicazione,  libri o riviste che siano. Ne ho contati 36, un leader per ogni settimana di corso, come si evince dal programma MOOC schedule.
Mi sono interrogata sui fattori che possono aver indotto a operare cambiamenti in relazione alla leadership.  È plausibile che la distribuzione della leadership rifletta la necessità di stemperare responsabilità, distribuire compiti e incombenze, ma soprattutto tenga conto dei cambiamenti che le tecnologie di rete hanno esercitato sul significato e sulla declinazione dei concetti di potere e autorità?
E ancora «Se la pratica della leadership fosse concepita (anche) come un percorso che aiuta a scoprire aspirazioni, speranze e passioni; a prendere coscienza dei valori da perseguire;  a individuare impegni da prendere nella vita; o semplicemente a riflettere su se stessi (R.Boyatzis), vivremmo in un mondo più equo?»